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ITALO, PREPARA IL CAFFÈ. STANOTTE ARRIVA L'ARMATA BRANCALEONE

«Leggo queste pagine e provo una sensazione familiare. È il 5 novembre 2024 e domani scopriremo chi sarà il prossimo presidente degli Stati Uniti d'America»                                                                                                                                                                                                                                                                                                                            

In questi giorni sto leggendo "La giornata d'uno scrutatore", di Italo Calvino. Il racconto è ambientato nel 1953, nel giorno delle elezioni politiche. Il compito di fare lo scrutatore alla sezione elettorale del "Cottolengo" (istituto religioso in cui sono ricoverate migliaia di persone con handicap fisici e ritardi mentali) è toccato ad Amerigo Ormea, intellettuale comunista, il quale deve accertarsi che gli elettori non vengano strumentalizzati per favorire la Democrazia Cristiana. Il protagonista, osservando questa umanità variegata, palesemente indottrinata e spesso non molto consapevole di sé, si interroga sulla legittimità di questa votazione, e tuttavia capisce che non è agendo sul singolo caso che può risolvere il problema. Non è il giorno delle elezioni, sostanzialmente, che si deve entrare nel merito di chi e come deve votare, ma ben prima, in termini generali. 

Leggo queste pagine e provo una sensazione familiare. È il 5 novembre 2024 e domani scopriremo chi sarà il prossimo presidente degli Stati Uniti d'America. Il risultato mi sembra quasi irrilevante, dato che i sondaggi parlano di un sostanziale "testa a testa" tra Kamala Harris e Donald Trump. Chiunque dei due vincerà, lo farà di misura, e si troverà di fronte a un paese spaccato, incattivito, spaventato. 

L'elettorato di Trump a volte sembra davvero una moderna Armata Brancaleone, non tanto dissimile dai pazienti dell'istituto Cottolengo di Calvino. Un raffazzonato manipolo di individui poco istruiti, che si sentono convintamente rappresentati da due miliardari (?!) e che trattano la politica come se fosse la squadra del cuore, senza nemmeno accorgersi che dietro le parodie di ragionamenti che vengono loro propinati altro non c'è che slogan da stadio.

Le cose non vanno molto meglio sull'altra sponda dell'Atlantico: anche da noi gli schieramenti politici sono sempre più polarizzati, il livello della discussione è sempre più basso e lo spazio destinato alla diplomazia è sempre più risicato. Il titolo di studio è diventato un fattore determinante per il voto, sia in America che in Europa, così come il genere: uomini e persone non laureate, sempre più a destra; donne e persone laureate, sempre più a sinistra. Personalmente, mi sento allineata al protagonista del racconto di Calvino: non è oggi che scopriamo che anche gli stupidi possono votare ma in una democrazia il loro voto vale esattamente come quello di un premio Nobel, che ci piaccia oppure no. 

C'è una questione, però, che mi sembra dirimente: che se a vincere sarà Trump, Harris e i democratici accetteranno il risultato e, col groppo in gola, gli riconosceranno la vittoria. Al contrario, se a vincere sarà Harris, Trump farà quello che ha sempre fatto: negare la realtà e urlare al complotto. O peggio, cercare di fare un colpo di mano. È improbabile che ci riuscirà, ma è quello che promette di fare:



Funziona sempre così con le estreme destre: infrangono le regole del gioco e poi piagnucolano perché vengono escluse dalla gara. Succede anche in Italia con i partiti neofascisti: fino all'altro ieri hanno piazzato bombe e tentato di instaurare una dittatura militare (sono preziose le ricostruzioni degli Anni di Piombo che ha fatto Sergio Zavoli nella docuserie "La notte della Repubblica", disponibile su Rai Play) e poi si lamentano di venire "inspiegabilmente" relegati in una condizione di marginalità. Ultimo esempio, in ordine di tempo, durante la formazione della maggioranza politica nel Parlamento Europeo. Sono sempre degli "underdog", poverini.

E allora va bene tutelare il diritto al voto di tutti, professoroni e non, ma è bene anche tutelare il diritto di cambiare idea alla tornata elettorale successiva. E questo è mai scontato, nemmeno stavolta.

"Italo, prepara il caffè. Stanotte arriva l'Armata Brancaleone".

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