«La Bibbia, esattamente come la mitologia greca, è archetipica. L’albero della conoscenza richiama il vaso di Pandora, il mito di Orfeo ed Euridice ritorna nell'episodio biblico sulla moglie di Lot. È un po’ come se non fossimo di fronte a tante storie, ma a diverse manifestazioni di un'unica, grande Storia»
C’è stato un tempo, non molto lontano, in cui professarsi orgogliosamente atei era un gesto anticonformista, liberatorio, progressista. Era anche una rivendicazione di pensiero libero, una distanza frapposta tra chi pensava con la propria testa e chi, invece, obbediva pedissequamente a quanto gli ordinava il prete. Il “gregge di Cristo” era letteralmente visto come un branco di pecoroni illetterati.
Gli intellettuali ci vedono lungo, Nietzsche infatti già nel 1882 preconizzava che “Dio è morto”. La società ci arriva molto tempo dopo. La tragedia della Seconda Guerra Mondiale rimescola le carte, mette in discussione l'esistenza non solo di Dio, ma addirittura del “Bene”.
L’allontanamento da Dio ha lunghi strascichi, da allucinazione sussurrata nei salotti degli intellettuali diventa fenomeno di massa e in buona parte dell’Eurasia si colora di rosso: nei paesi socialisti trionfa l'ateismo di stato. Dalla Russia alla Cina, passando per l’Asia Centrale, la religione è bandita.
Non è andata proprio così, ma lo si capirà solo in seguito - Terzani nel suo reportage sulla caduta dell'Unione Sovietica nota che le statue di Lenin vengono rovesciate al grido di "Allahu akhbar" e sappiamo bene che il fondamentalismo islamico avrebbe trovato proprio in quelle zone teoricamente “laicizzate” un terreno particolarmente fertile. Nella Russia europea, lo stesso Stalin aveva ripescato la retorica cristiana per infondere coraggio in tempo di guerra e dal ‘91 in poi la Russia non solo ha riscoperto la religione, ma è diventata un vero ricettacolo di sette e santoni.
Erano tutte avvisaglie che la situazione si stava nuovamente ribaltando, che la storia stava dando un altro giro, ma a parte qualche intellettuale attento, nessuno se ne stava rendendo conto.
Nel 1993 noi millennial subivamo ancora il fascino di Ian Malcom di Jurassic Park: un po’ scienziato, un po’ rockstar, scettico per eccellenza, seguace di un unico credo: il caos.
È notizia di questi giorni che per la prima volta in Germania le persone senza confessione hanno superato quelle cristiane. Nella cattolicissima Italia il trend è lo stesso.
Eppure, di quel trionfo della ragione sull’oscurantismo religioso non vi è traccia. In compenso è emerso un materialismo un po’ gretto, talvolta meschino, sicuramente poco ambizioso. Volevamo essere Ian Malcom e siamo diventati Donald Gennaro, quello che si fa prendere dal panico e si nasconde nel cesso. L'avevo notato, senza giudizio, anche in “Buttare il bambino con l’acqua sporca”: per un gioco di “vasi comunicanti” abbiamo svuotato le chiese e riempito gli studi degli psicoterapeuti. Al posto dell'ostia ingoiamo antidepressivi.
Quel “vuoto” che abbiamo dentro è la cifra dell'essere umano e in qualche modo va riempito, c’è poco da fare.
È morto il Papa, proprio a Pasqua, proprio nell’anno del Giubileo. Morto un Papa, se ne fa un altro, dicono, e infatti si è messa in moto una macchina antica, che profuma d’incenso e di mistero e che risuona dello sferragliare di antichi chiavistelli. Quello del Conclave è un rito arcano e impenetrabile, la votazione si svolge nientemeno che nella Cappella Sistina: tutto si può dire della Chiesa di Roma, ma non che le manchi il senso dello spettacolo.
In questi giorni, ispirata dalle suggestioni del Conclave, ho iniziato a sfogliare l’ultimo libro di Aldo Cazzullo, Il Dio dei nostri padri, edito da Harper Collins e da cui sono state tratte quattro puntate speciali del programma Una giornata particolare su La7. Scrive Cazzullo:
I nostri padri erano convinti di vivere sotto l’occhio di Dio: la sua esistenza era certa come quella del sole che sorge e tramonta. Oggi abbiamo smesso di crederci, o anche solo di pensarci. E la Bibbia nessuno la legge più. Invece la Bibbia è un libro meraviglioso. Che si può leggere anche come un grande romanzo. L’autobiografia di Dio.
È vero, oggi la Bibbia non la legge più nessuno, eppure, in un certo senso, la rileggiamo continuamente. La Bibbia infatti, esattamente come la mitologia greca, è archetipica. L’albero della conoscenza richiama il vaso di Pandora, il mito di Orfeo ed Euridice ritorna nell'episodio biblico sulla moglie di Lot. È un po’ come se non fossimo di fronte a tante storie, ma a diverse manifestazioni di un'unica, grande Storia.
Non voglio con questo sostenere che ciò che è scritto nella Bibbia sia realmente accaduto. Certe volte le storie possono essere finte, ma questo non le rende necessariamente false.
Negli ultimi vent’anni il mercato dell'editoria è stato inondato dai racconti autobiografici, che hanno superato la narrativa di pura invenzione. Mi fa sorridere quando leggo “tratto da una storia vera” alla fine di un film o in bella vista, sulla copertina di un libro, come se il fatto che sia accaduto davvero fosse sufficiente a garantire una verità maggiore. Una bella storia resta tale anche se è inventata.
Mi piacciono i libri in cui quell'unica, grande storia, riaffiora, come il Maestro e Margherita di Bulgakov, in cui il procuratore Pilato ha una forte emicrania e non ha per niente voglia di occuparsi di quel tipo strano che viene dalla Galilea.
Al mattino presto del giorno quattordici del mese primaverile di Nisan, avvolto in un mantello bianco foderato di rosso, con una strascicata andatura da cavaliere, nel porticato tra le due ali del palazzo di Erode il Grande entrò il procuratore della Giudea Ponzio Pilato.
Più di qualsiasi cosa al mondo il procuratore odiava l’odore dell’olio di rose, e ora tutto preannunciava una brutta giornata: proprio questo odore aveva cominciato a perseguitare il procuratore fin dall’alba.
Gli sembrava che anche i cipressi e le palme del giardino olezzassero di olio di rose, e che all'odore dei finimenti di cuoio e del sudore della scorta si mischiasse quell’effluvio maledetto.
Dalle ali posteriori del palazzo, dove si era sistemata la prima coorte della XII Legione Fulminante romana, giunta a Jerushalajim con il procuratore, nel porticato giungevano volute di fumo attraverso il ripiano superiore del giardino, e al fumo amarognolo, che testimoniava che i cuochi delle centurie avevano iniziato a preparare il pranzo, si mescolava quello stesso pesante aroma.
«Oh numi, numi, perché mi punite?… Sì, non c’è dubbio, è lei, sempre lei, la malattia orrenda, invincibile… l’emicrania… da essa non c’è salvezza, non c’è scampo… cercherò di non muovere la testa…»
Sul pavimento di mosaico presso la fontana era già pronta la scranna, e senza guardare nessuno il procuratore vi si sedette e allungò una mano. Il segretario vi pose rispettosamente una pergamena. Senza riuscire a reprimere una smorfia di dolore, il procuratore sbirciò in fretta lo scritto, restituí la pergamena al segretario e disse con uno sforzo:
– L’imputato della Galilea? La pratica è stata sottoposta al tetrarca?
– Sì, procuratore, – rispose il segretario.
– Come ha reagito?
– Ha rifiutato di emettere la sentenza definitiva e ha sottoposto alla tua approvazione la condanna a morte pronunziata dal Sinedrio… – spiegò il segretario.
Il procuratore ebbe un sussulto alla guancia e disse piano:
– Conducete qui l’accusato.
Un altro romanzo che mi piace è Oltre il confine di Cormac McCarthy. L’ambientazione qui è completamente diversa, perché è un romanzo western ambientato nella regione di confine tra Texas e Messico. Il giovane cowboy Billy Parham cattura una lupa che stava decimando il bestiame della famiglia, ma decide di non consegnarla al padre, che la ucciderebbe, bensì di riportarla sulle montagne messicane per restituirla al suo mondo. Inizia così, un viaggio in terre solitarie ed esposte alla violenza della natura e dell’uomo.
Nel mio capitolo preferito, Billy arriva in un villaggio fantasma, distrutto da un terremoto. Sulla piazza principale svettano le rovine di una chiesa. Me la sono immaginata come le rovine dell'abbazia di sant'Eustachio, a Nervesa della Battaglia (è quella nella foto di copertina). Billy viene accolto da uno strano personaggio, l’unico rimasto a vivere in quel luogo spettrale, per vegliare sulla chiesa. Il custode gli racconta che una volta, un uomo che a causa del terremoto aveva visto morire tutta la sua famiglia, si era messo a inveire contro Dio, proprio sotto quella cupola malferma. Poi era arrivato un prete, che aveva provato a difendere Dio, Sacre Scritture alla mano, ma la sua difesa non era credibile, non valeva niente, perché nonostante professasse una fede infinita nel suo Dio, non aveva il coraggio di andare sotto il tetto di quella chiesa pericolante.
Perché questo mondo che ci pare una cosa fatta di pietra, vegetazione e sangue non è affatto una cosa ma è semplicemente una storia. E tutto ciò che esso contiene è una storia e ciascuna storia è la somma di tutte le storie minori, eppure queste sono la medesima storia e contengono in esse tutto il resto. Quindi tutto è necessario. Ogni minimo particolare. È questa in fondo la lezione. Non si può fare a meno di nulla. Nulla può venire disprezzato. Perché, vedi, non sappiamo dove stanno i fili. I collegamenti. (Oltre il Confine, parte seconda)
Oggi abbiamo smesso di cercare i fili che compongono la trama di quell’unica, grande, storia. Come dice Cazzullo, la Bibbia nessuno la legge più. Un intellettuale come McCarthy invece la leggeva e insinua il dubbio (forse vedendoci lungo esattamente come aveva fatto Nietzsche, chissà) che non sappiamo se possiamo veramente farne a meno.
Francesco Costa ritiene che Oltre il confine sia "il libro perfetto sulle storie e sul mestiere di chi le scrive". E infatti la lupa di Billy la porta sempre con sé, tatuata sul braccio. Il compito del narratore, dice McCarthy, non è facile. Pare che sia obbligato a scegliere la storia che racconta tra le tante possibili, ma non è così. Al contrario, sostiene, si tratta di derivarne tante dall'unica storia…e non c'è n’è un'altra da raccontare. Ci ho ragionato parecchio su questa cosa, e sono arrivata alla conclusione che sia proprio così. Ho trovato diversi esempi, e ve ne propongo uno. Non vi tedierò con i soliti mattoni russi stile Dostoevskij, promesso.
Secondo i vangeli canonici, Giuda tradì Gesù consegnandolo alle autorità del Tempio di Gerusalemme, le quali a loro volta lo consegnarono al procuratore Pilato, massima autorità romana della regione, il quale lo condannò a morte per crocifissione. Il Vangelo di Giuda, invece, racconta la vicenda in una prospettiva molto diversa: il suo gesto non fu un tradimento, ma l'esecuzione di un ordine di Gesù stesso, che aveva bisogno di questo atto affinché il corso degli eventi a cui era destinato fosse messo in moto. Non è una teoria cospirazionista, anche nel Vangelo di Giovanni si capisce che Giuda e Gesù si sono accordati:
Gesù dice a Giuda "quello che devi fare, fallo subito". Ma nessuno dei commensali comprese perché gli avesse detto questo. Ma siccome Giuda teneva la borsa, alcuni supponevano che Gesù gli avesse detto: "Compera quanto ci occorre per la festa", oppure che gli avesse ordinato di dare qualcosa ai poveri. Così, preso il boccone, quello uscì subito. Era notte. Giovanni 13, 28-30
In Harry Potter e i doni della morte, settimo e ultimo romanzo della saga di J. K. Rowling, si scopre che Severus Piton non ha veramente tradito Albus Silente, uccidendolo, ma ha obbedito a un ordine di Silente stesso, sacrificando se stesso e accettando l'eterna damnatio memoriae affinché la macchina del destino si mettesse in moto, per raggiungere un bene superiore. Harry scoprirà infine che, a seguito dell'attacco subito da piccolo, anche lui è inavvertitamente diventato un Horcrux, quindi per riuscire davvero a sconfiggere il male dovrà sacrificare se stesso.
Un giusto (Harry) incarna letteralmente il male, un male ricevuto da piccolo, come se fosse un peccato originale, e per riuscire a sconfiggerlo dovrà sacrificare se stesso. Non so a voi, ma a me ricorda qualcosa...
Non leggiamo più la Bibbia, eppure i grandi scrittori, da Crichton a Rowling, da Dostoevskij a Tolkien, da Baricco a McCarthy, continuano ad attingervi a piene mani. Hanno forse capito qualcosa che a noi sfugge?
Ian Malcolm: Dio crea i dinosauri, Dio distrugge i dinosauri, Dio crea l'uomo, l'uomo distrugge Dio, l'uomo crea i dinosauri.
Dio impone l'etica del sacrificio, l'uomo uccide Dio. L'uomo crea l'individualismo. L'individualismo uccide l'uomo.
Aveva ragione McCarthy: il mondo è un’unica storia. E non c'è n’è un'altra da raccontare.

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