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DISARMATI O… DISARMANTI?

 


«Quando si parla di investimenti nella difesa o di un piano di riarmo europeo non si sta parlando di mandare al fronte dei civili inermi. Pensavo fosse chiaro, ma dopo aver sentito i discorsi dei miei colleghi ho capito che non è così, quindi vale la pena spenderci qualche riga»                                                                                                                                                                                 


Parlando della situazione internazionale, piuttosto instabile, un collega ha detto che anche se le cose dovessero mettersi male al punto da arrivare a un arruolamento forzato in Italia, in guerra non ci andrebbe nessuno. Non ha detto una cosa sbagliata (gli italiani non sono noti per il loro valore civile e neanche per il loro coraggio) ma il punto non è questo.
Il punto è che qualcuno sta evidentemente diffondendo informazioni false per spaventare le persone e inquinare il dibattito.

Quando si parla di investimenti nella difesa o di un piano di riarmo europeo non si sta parlando di mandare al fronte dei civili inermi. Pensavo fosse chiaro, ma dopo aver sentito i discorsi dei miei colleghi ho capito che non è così, quindi vale la pena spenderci qualche riga.

Siamo abituati a pensare all’Italia come a un paese assolutamente impreparato dal punto di vista militare. Pochi sanno che invece l’Italia è uno dei pochissimi paesi al mondo a disporre di una portaerei. Noi ne abbiamo addirittura due, e una terza in dismissione. Gli USA detengono il primato (11 portaerei), seguiti dalla Cina (3), Regno Unito, Giappone, India (2). Infine ci sono Russia, Turchia, Thailandia e Spagna, con una portaerei ciascuno. Anche la Francia ne ha solo una, ma a propulsione nucleare.

L’Italia è il paese che, dopo gli Stati Uniti, da qualche decennio fornisce i contingenti più numerosi per le oltre 30 missioni in cui è coinvolta la NATO nel mondo. Sembra incredibile, perché parlare di contingenti militari in Italia è un tabù, eppure è così. Se dovesse dunque configurarsi un conflitto, le prime a intervenire sarebbero le forze armate ufficiali, poi gli ex militari in congedo da meno di 5 anni, infine i "riservisti", cioè personale addestrato, su base volontaria.

Per arrivare all’arruolamento forzato dei civili, dovremmo ritrovarci in una situazione talmente estrema (e inverosimile) che un po’ di fegato lo tirerebbero fuori persino gli italiani.

Pagare per la propria difesa

A sentire qualche ingenuo pacifista, sembra che l’Europa al momento sia disarmata e che questo sia il segreto degli oltre 70 anni di pace di cui ha goduto.

In realtà l’Europa è tutt’altro che disarmata. A parte Francia e Regno Unito, che dispongono di un arsenale nucleare proprio, in Europa sono conservati almeno 200 ordigni nucleari, di cui 90 proprio in Italia: 50 ad Aviano (Pordenone) e 40 a Ghedi Torre (Brescia). Siamo pieni di mezzi militari e di bombe atomiche già adesso, solo che non sono nostri e non ne abbiamo il controllo.
Suona diversa, se messa così, o sbaglio?

Dopo la Seconda Guerra Mondiale, forti del fatto di non aver subito danni di guerra sul suolo americano, gli Stati Uniti hanno avuto la forza e i mezzi per occuparsi della ricostruzione in Europa. Peraltro, in quel momento stava emergendo una nuova grande potenza, con spiccate mire espansionistiche: l’Unione Sovietica. Divenne così molto importante per gli USA mantenere l’Europa occidentale sotto la propria sfera di influenza, da lì l’enorme stanziamento di fondi del piano Marshall. Questo gigantesco contributo economico non è stato un atto di generosità, e tantomeno un regalo. Gli Stati Uniti avevano già preteso la cessione di tutte le basi navali dell’impero britannico in giro per il mondo (sono quelle da cui sono partiti i cacciabombardieri che hanno bombardato l’Iran a giugno 2025, per intenderci) e dopo la fine della guerra ottennero la creazione di centinaia di basi militari sul suolo europeo.
I patti erano chiari: state dalla nostra parte e noi ripagheremo generosamente la vostra fedeltà.

Solitamente, quando un paese ha più di 100 basi militari e 12-13 mila uomini in armi di una potenza straniera sul proprio territorio, si dice che questo paese è “militarmente occupato”. È la definizione che daremmo pensando all’Abcasia, o al Kosovo. Invece questi numeri si riferiscono all'Italia del 2025. L’Italia ha sempre definito gli americani “Alleati” (con la maiuscola), anche quando la loro invadenza ha messo in dubbio la nostra stessa sovranità nazionale (ci torniamo più avanti). A cosa si deve questa curiosa scelta semantica? Si dà il caso che gli Stati Uniti non solo abbiano l’esercito più poderoso al mondo, ma che abbiano anche il più sofisticato sistema di soft power del pianeta. Quella che in Russia veniva definita “propaganda stalinista”, in occidente veniva descritta “libertà” o “protezione”.

Alla fine, si dirà, all’Europa è andata bene che gli americani pagassero, ed effettivamente finora è stato così. Ma cosa succede se l’equilibrio si incrina e se il rapporto di forze cambia? Cosa succede se gli ex Alleati che finora hanno avuto tutto l’interesse a tenerci “fuori dai giochi” ora cambiano idea e iniziano a chiamarci "parassiti"?

Per l'Europa è giunto il momento di diventare adulta e arrangiarsi, perché gli Stati Uniti hanno esplicitamente detto di non avere più intenzione di pagare per la sua difesa. È inutile continuare a parlare di quanto si stava meglio, quando si stava peggio. Ed è ovvio che ci sarebbero tante cose su cui sarebbe più bello investire risorse: ricerca scientifica, medica, politiche green. C'è da chiedersi perché finora non è stato fatto, ma questo ci porterebbe fuori strada. Il punto è che nella vita ci sono cose che vanno fatte, anche se non sono piacevoli. 

A me piacerebbe poter spendere il mio stipendio solo in vacanze e bei vestiti, invece, guarda un po’, mi tocca pagare l’assicurazione e lo spurgo delle fognature. Brutta cosa diventare adulti.


I rischi da prendere in considerazione

Un’obiezione che viene avanzata, e che merita sicuramente di essere presa in considerazione, è quella che il piano di riarmo proposto da Von Der Leyen possa essere un pretesto per dare ossigeno all’economia europea (soprattutto a quella tedesca) in crisi da anni a causa del declino del settore automotive. Tecnologie e competenze finora applicate alla produzione di mezzi pesanti potrebbero essere facilmente trasferite alla produzione di cingolati, così come tutto l’indotto relativo alla componentistica (motori, trasmissioni, telai, utensili eccetera), indotto in cui l’Italia gioca peraltro un ruolo di primo piano. La conversione dell’industria manifatturiera darebbe sicuramente una grossa spinta, ma sul lungo periodo sarebbe difficile operare la conversione inversa. 

E poi ovviamente c’è l’incognita relativa all’accumulo di armamenti.
A questo proposito i manuali di storia non ci danno una risposta univoca: da un lato tutti ricordiamo l’effetto catastrofico che ha avuto la corsa agli armamenti di inizio Novecento, sfociata nella Prima Guerra Mondiale. Dall’altro, però, durante la Guerra Fredda la deterrenza costituita dagli arsenali nucleari ha funzionato. E ancora oggi, nessuno si sognerebbe di pestare i piedi alla Corea del Nord, che possiede la bomba atomica, e nessuno ha il coraggio di opporsi veramente alla Russia, per lo stesso motivo. L'Iran, invece, è stato bombardato. Non sto dicendo che sia giusto, e tantomeno dando dei giudizi di merito sulla qualità di questi regimi; prendo semplicemente atto del fatto che le cose stanno così.


La qualità della classe politica

Tutto questo ci obbliga a una riflessione sulla qualità della classe politica che è chiamata a prendere le decisioni in un momento storico così complicato. 

Da un lato, l'ascesa dei partiti sovranisti in tutta Europa mi aveva illusa che questo avrebbe portato, quantomeno, ad un colpo di reni della politica europea, che da anni sembra aver perso visione e centralità. Per quanti sbagli abbia fatto, per me l’Europa resterà sempre il posto più straordinario della Terra. Per amore dell'Europa, pur di non vederla così debole e sconfitta, avrei persino accettato il ritorno delle destre. E invece, altro che schiena diritta! Gli esponenti dei partiti sovranisti d’Europa sono i primi a prostrarsi. L’atteggiamento servile di Mark Rutte nei confronti di Donald Trump mi ha disgustata: mi sarei aspettata di meglio da uno che ha fatto della “voce grossa” nei confronti dei PIGS la sua cifra politica, non certo che si umiliasse così. 

Quand’è successo che l’Europa ha perso così la sua dignità? E di fronte a chi, all'America? All’unica nazione nella storia, che sia passata direttamente dalla barbarie alla decadenza, senza il consueto intervallo di civiltà, come l’ha definita Oscar Wilde (o forse, Clemenceau) in un famoso aforisma?

Al contrario di quella attuale, la classe politica della Prima Repubblica un po’ di dignità l’aveva ancora. Chissà se Mark Rutte ricorda il coraggio di Bettino Craxi, quando schierò i carabinieri contro i marines statunitensi, rei di aver scambiato una base NATO per una base militare americana in cui spadroneggiare liberamente, senza coinvolgere le istituzioni italiane. Craxi in quel momento difese la sovranità italiana, rimettendo al proprio posto un “alleato” un po' troppo arrogante. La base era quella di Sigonella, c’era appena stato il sequestro dell’Achille Lauro e quella fu l’ultima volta in cui l’Italia si comportò da paese sovrano. Craxi in seguito avrebbe pagato duramente il suo mancato allineamento agli Stati Uniti, in particolare sulla questione arabo-palestinese, a cui l’Italia era storicamente molto vicina.

Di gravi ingerenze americane si parla anche in merito alle circostanze, tuttora misteriose, della morte di uno dei più straordinari statisti del nostro paese, Enrico Mattei.
Mattei aveva osato sfidare il cartello delle aziende petrolifere statunitensi (le Sette Sorelle): un vero oligopolio a cui la piccola ENI non era ammessa. Mattei negoziò dei contratti indipendenti con i paesi mediorientali, offrendo condizioni vantaggiose per i paesi produttori, a cui riconobbe il 75% dei profitti, contro il 50% concesso dai concorrenti. Mattei riuscì a intessere dei rapporti lungimiranti con i paesi nordafricani e mediorientali, grazie ai quali l’Italia avrebbe a lungo goduto della riconoscenza dei governi locali.

È inutile dire che il rapporto privilegiato che l’Italia aveva con i paesi di quella parte di mondo ormai sia completamente deteriorato. È altrettanto superfluo specificare che, data la sua posizione geografica, l’Italia non possa permettersi di avere cattivi rapporti con i paesi nordafricani e mediorientali. Quando Giorgia Meloni parla di “Piano Mattei” non sa di cosa parla (infatti il ministro dell’Interno Piantedosi viene trattato a pesci in faccia in Libia e definito “persona non grata”).

Ho fatto una digressione, ma non troppo larga. Tornando alla questione del riarmo, io non credo che il volume totale degli armamenti non vada aumentato. Credo però che gli armamenti debbano essere europei. Che non vuol dire “andare in guerra" ma solo essere responsabili della nostra difesa, senza essere dipendenti dall'umore di Trump.



Il professor Vittorio Emanuele Parsi ha giustamente rilevato che “non si capisce come mai 450 milioni di europei dovrebbero chiedere a 350 milioni di americani di difenderli da 150 milioni di russi”. Il PIL della Russia, oltretutto, è paragonabile a quello della sola Spagna, quindi è chiaro che un’Europa unita e fiera non avrebbe alcun problema a pagare da sola la propria difesa. Basterebbe molto meno del 5% del PIL, a meno che non si voglia prendere in considerazione anche altre opzioni: per tornare al discorso di poc'anzi (ve l’avevo detto che la digressione non era troppo larga) potrebbe essere opportuno che a presidiare le vie di approvvigionamento nel mar Rosso ci fossero gli europei, visto che (come recentemente ricordato dal vicepresidente Vance) il traffico nel canale di Suez è importante più per gli europei, che per gli americani. Di nuovo, il tono dell’amministrazione statunitense è sbagliato, la conoscenza della storia inesistente, la strategia internazionale discutibile: ma che siano gli europei a dover fare qualcosa per tutelare la propria pace e il proprio benessere è vero. E allora, smettiamola di perdere tempo in dibattiti sciocchi e disarmanti e vediamo di fare qualcosa di concreto.



Per approfondire:

I carabinieri di Piantedosi e i carri armati di Mussolini, dalla newsletter Montecit., di Valerio Valentini, Il Post.

Boots on the ground: l’Italia in armi è dove serve? di Alberto de Sanctis, in America contro Iran, Limes, 2020.

L'Europa non si sveglierà, di Eugenio Cau, in Globo, Il Post.

L’Italia contromano in autostrada, di Francesco Costa, in Wilson, Il Post.




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