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DI ELEZIONI AMERICANE E DI FAMIGLIA. Una riflessione sul tema che è costato a Harris la sconfitta.

«Mi sembra che si torni alla domanda: c'è un'alternativa progressista credibile che preveda qualcosa di più di un toy boy o di un gatto oppure dobbiamo per forza beccarci The Handmaid’s Tale? Dove sono finiti gli Obama?!»                                                                                                                                                                                                         

Scòp|po|la sostantivo singolare femminile
1. scapellotto dato sulla nuca | estens., colpo, botta violenta: ha preso una bella scoppola cadendo dalle scale! 2. fig., grave perdita o danno, spec. economico | nel linguaggio sportivo, grave sconfitta.

Ecco cosa ha preso Kamala Harris alle elezioni americane: una bella scoppola. I due terzi dei voti che hanno portato alla vittoria Donald Trump sono arrivati da donne o persone non bianche (una su tre ha votato per lui). Quindi tutto il suo essere, tutto ciò che Harris fisicamente incarnava (essere donna, essere di colore) non è bastato a convincere le persone come lei a votare per lei.

Sono sincera, il ritorno di Trump alla Casa Bianca mi devasta come se la cosa mi riguardasse direttamente e non solo perché in cuor mio ho sperato tanto che Harris potesse diventare la prima donna presidente degli Stati Uniti d'America, ma perché è innegabile che gli ideali democratici e progressisti che lei rappresenta (e in cui io mi riconosco) non sono più maggioritari nel paese.
Prima di vedere i risultati avevo parlato dei sostenitori di Trump come di una moderna "Armata Brancaleone". Mi sbagliavo: il gruppo di esaltati che hanno assaltato Capitol Hill il 6 gennaio 2021 poteva esserlo (ricordiamo tutti lo "sciamano" mezzo nudo con le corna, il copricapo di pelliccia e la bandiera americana disegnata sul volto, no?)
Però un conto è parlare di qualche centinaio di fanatici, un altro è parlare di milioni di persone (la maggioranza) in America.

Non è un fatto ignorabile: è chiaro che le categorie interpretative che abbiamo usato fino a ora non sono più sufficienti a darci un quadro esaustivo della realtà e non possiamo più cavarcela pensando che gli elettori siano tutti scemi. Chi legge questo blog lo sa: "l'autocritica è il mio mestiere". Credo che nella vita non si possa imparare niente se non si ha il coraggio di mettere in discussione la propria visione del mondo. Perché Harris non ha convinto le donne americane? Perché anche in Italia la sinistra sta ancora parlando di come portare le donne al potere mentre la destra l'ha fatto e basta? Credo siano domande sufficienti per iniziare una discussione onesta, perché è evidente che qualcosa si è inceppato.

Se dovessi individuare un tema sul quale i democratici (americani o europei) si sono giocati la vittoria, direi che è quello della famiglia. La famiglia tradizionale fatica a stare al passo con i tempi: il patto sociale su cui è basata (che la cura di bambini e anziani gravi interamente sulle spalle delle donne, costrette per questo a rinunciare a una carriera e all'indipendenza economica) è saltato.

Qual è la risposta della politica a questa situazione?

In un'epoca storica molto polarizzata, come quella che stiamo vivendo, non ci sono soluzioni "moderate": a destra c’è la negazione del problema e a sinistra la sua estremizzazione. Se a destra c’è “The Handmaid’s Tale” di Margaret Atwood (consiglio la serie tv, un po’ inquietante ma molto bella), a sinistra c’è il suo opposto:


E in mezzo tra i due estremi?

In mezzo c’è tutta quella fetta di elettorato che pensavamo avrebbe votato per i Dems (perché è tendenzialmente moderata, fedele ai valori democratici, sensibile alle disuguaglianze sociali) ma che non trovando condivisibili le proposte sul tema della famiglia, tra la strada vecchia e quella nuova, ha scelto la cara vecchia “famiglia tradizionale” e ha votato a destra.
Solo per questo? Beh, non è poco. Quello della famiglia è un tema che tocca tutti, chi ce l'ha e chi non ce l’ha. E poi è un’esperienza diretta; non serve studiare o leggere i giornali per farsene un'idea.

Non è facile districarsi tra i nuovi “modelli di famiglia”: un conto è battersi contro le discriminazioni e difendere il diritto all'aborto, un altro è garantire a tutti il diritto alla genitorialità e all’adozione. Oppure trattare il genere come la temperatura: reale e percepito (e, se un bambino manifesta qualche segnale di disforia di genere, prescrivere ormoni bloccanti della pubertà senza che siano chiare le conseguenze a lungo termine).

Non voglio essere retrograda, so bene che queste situazioni esistono e che vanno considerate. Ciascuno di questi temi ha degli argomenti a favore. Però si tratta di temi delicati, che proprio per la loro delicatezza dovrebbero essere analizzati singolarmente e non sventolati come bandierine in campagna elettorale. Si obietterà (a ragione) che non è stata la sinistra a tirare fuori la retorica del gender. Però, se l'avversario ti tende una trappola e cerca di ridicolizzare le tue posizioni inchiodandole alle manifestazioni più radicali, bisogna rispondere con una visione di famiglia realistica, in cui la maggioranza delle persone possa riconoscersi. Questa visione non c’è stata. Se la famiglia tradizionale non va più bene, qual è il modello di famiglia proposto dalla sinistra? Non si sa, non si è capito.

La mia generazione, quella dei Millennials, è stata la prima a essere veramente libera dalle convenzioni sociali e dalle pressioni familiari. Qualcuno continua a perpetrare slogan ereditati dagli anni Settanta, come se ci fosse ancora don Camillo a mettere bocca nelle questioni familiari o come se le famiglie avessero ancora il potere di imporre il matrimonio. Non è così e i numeri lo dimostrano: nel report Istat del dicembre 2023 su “matrimoni, unioni civili, separazioni e divorzi” si osserva che i matrimoni sono in calo da quarant’anni a questa parte, mentre le convivenze more uxorio sono più che triplicate rispetto al biennio 2000-2001. La maggior parte delle mie amiche convive senza essere sposata, alcune hanno figli non battezzati ma non mi risulta che per questo siano state diseredate o tagliate fuori dalle loro famiglie. Per carità, ci mancherebbe altro! Però fa un po’ ridere la veemenza con cui qualcuno nel 2024, in Italia, parla di “oppressione” e di convenzioni sociali. Tra le mie coetanee quella "strana" sono io, che mi sono sposata e per di più… in chiesa! Alcune amiche e colleghe mi hanno chiesto come mai io abbia fatto questa scelta. Perché ho speso tutti quei soldi per un matrimonio (sottointeso: istituzione retrograda e superata) invece di spenderli, che so, per un bel viaggio?
Rammaricandosi di aver in qualche modo contribuito, scegliendo di non sposarsi, alla “perdita dei riti”, Tiziano Terzani scrive:

Le giovani coppie ormai convivono, non si sposano più e il solo rito a cui partecipano è quello del trasloco. Non marcano quell'inizio di una nuova vita neppure cambiandosi la camicia. E mancando la cerimonia di iniziazione, manca la presa di coscienza del passaggio; mancando il contatto simbolico col sacro, manca l'impegno. Spesso la comunione che ne nasce è solo quella del sesso e della bolletta del telefono. [...] Quando ero ragazzo, i neonati, anche quelli dei comunisti come me, venivano ancora battezzati, ai morti si faceva ancora la veglia e un vero funerale, e i matrimoni erano una festa corale officiata non solo dinanzi al divino, ma anche dinanzi a decine di parenti e amici che diventavano così implicitamente garanti di quell'unione. (Un altro giro di giostra, Longanesi & C., 2004).

Non avrei saputo trovare parole migliori. Anche io ho considerato il matrimonio come un rito di passaggio, un impegno preso pubblicamente. Che sia in chiesa o in comune, poco importa. Sposarsi significa essere disposti ad accettare che per sciogliere questo legame non basti fare una valigia e andarsene. È stato anche un modo, per me, di provare a replicare la bellissima unione che ha tenuto insieme i miei amati nonni per più di 60 anni. 
Parlando con le persone della mia età o più giovani, non ce n’è una che non invidi e rimpianga la solidità dell'amore dei suoi nonni. Cosa è cambiato? Perché oggi è così difficile costruire rapporti duraturi? Quando ero piccola la nonna mi diceva sempre che per essere felici, nella vita, nel lavoro, addirittura in amore, bisognava sapersi accontentare. “Ad esempio” diceva “il fratello di tuo nonno era più bello!” A quel punto il nonno borbottava e faceva l’offeso, ma lei gli faceva l’occhiolino e si prendevano la mano. Io mi arrabbiavo. Che tristezza doversi accontentare! È chiaro, con il senno di poi, quale fosse il nocciolo della questione. Le “regole di ingaggio” erano diverse: se qualcosa non andava, si restava insieme lo stesso e si cercava di aggiustare le cose. Le nostre nonne non avevano la pretesa di trovare l’uomo perfetto, nessuno diceva loro che dovevano “bastarsi” da sole ed essere indipendenti, perché dipendere da uomo era una cosa sbagliata. Non c’era Miley Cyrus a dire loro:

I can buy myself flowers
Write my name in the sand
Talk to myself for hours
Say things you don't understand
I can take myself dancing
And I can hold my own hand
Yeah, I can love me better than you can


Ovviamente, l’educazione femminista che la mia generazione ha ricevuto è stata un notevole passo in avanti. Non tutte le storie d’amore erano come quella dei miei nonni, ed è per questo che sono state combattute battaglie importanti come quella per il divorzio e per l’indipendenza delle donne. Però, siamo onesti, nemmeno adesso si può dire che vada tutto bene. Se prima il problema era la difficoltà nel porre fine ai rapporti, oggi c’è il problema opposto, cioè l’incapacità di farli durare.
Il “per sempre” fa paura, sia questo consacrato da un “sì” sull’altare o (ancora di più) dalla nascita di un figlio.

Le battaglie femministe hanno posto un obiettivo molto ambizioso alle ragazze della mia generazione: diventare donne indipendenti, orientate alla carriera e alla realizzazione personale, padrone del proprio corpo e del proprio piacere, che non si lasciano raggirare dal romanticismo. L’immagine della “gattara senza figli” rivendicata con orgoglio dalla popstar più influente di tutti i tempi (Taylor Swift) è in un certo senso paradigmatica. Però (spero di non subire gli strali delle Swifties) un gatto… non è proprio una famiglia. Sognare una famiglia numerosa, sposarsi in chiesa o apprezzare dei gesti di galanteria dal proprio compagno sono desideri compatibili con l’essere donne moderne? Rientrano nell’intervallo di tolleranza?

Come al solito ho divagato, riprendo quindi il filo delle elezioni americane. Francesco Costa nella newsletter “da Costa a Costa” del 9 novembre ha scritto che:

L'elettorato del Partito Democratico si è ristretto molto, e chi se n'è andato spesso è stato o si è sentito cacciato: perché pensa che l'immigrazione fosse fuori controllo, o che non ci sia niente di male nell'essere patriottici, o che il sesso biologico esista e non sia un costrutto culturale, o che legalizzare l'aborto anche oltre il sesto mese sia discutibile o che sia assurdo abolire i voti a scuola o i corsi avanzati di matematica perché strumenti razzisti.

Mi sembra che si torni alla domanda: c'è un'alternativa progressista credibile che preveda qualcosa di più di un toy boy o di un gatto oppure dobbiamo per forza beccarci The Handmaid’s Tale? Dove sono finiti gli Obama?!

Eh sì, gli Obama ci avevano fatto sognare! Che tipo di famiglia era quella degli Obama? Una famiglia “tradizionale”? Non credo proprio! Certo, c’erano un papà e una mamma, sposati, e due brave bambine. Però Michelle Obama è tutt’altro che una donna sottomessa. Cresciuta in un minuscolo monolocale nel South Side di Chicago (un quartiere particolarmente difficile) Michelle si è costruita una carriera da brillante avvocata. Una volta arrivata alla Casa Bianca, si è rifiutata di perdere il suo tempo in inutili festicciole e ha usato la sua visibilità per coltivare ortaggi (anziché rose) nel suo nuovo giardino, mostrando agli americani che si poteva mangiare altro, oltre agli hamburger. Qualche anno fa ho letto la sua autobiografia, Becoming. Mi è piaciuta davvero tanto!

La famiglia è diversa dalle altre anche per un altro motivo: l’aspetto di Michelle. Siamo abituati a vedere gli uomini potenti accompagnarsi con donne molto giovani e filiformi. Se parliamo di coppie di colore (fateci caso) la moglie di un uomo potente ha la pelle più chiara e lineamenti meno marcati. Le mogli di colore degli uomini potenti generalmente assomigliano più a Beyoncé che a Michelle.
Barack Obama è stato un uomo straordinario sotto molti punti di vista, ma il motivo per cui merita la mia stima sopra ogni cosa è che non ha avuto bisogno di avere al suo fianco una bambolina per affermare la sua mascolinità. Ha scelto una donna forte e intelligente e ha mostrato a tutti che le famiglie stanno in piedi lo stesso. Ecco come sono le famiglie moderne!


 
Concludo lasciando la parola a una lettrice della newsletter Ok Boomer! di Michele Serra, la quale riesce a riassumere in modo magistrale i dubbi e le difficoltà di una giovane Millennial progressista in tema di famiglia.

Caterina, 31 anni
“Ho 31 anni, sono in maternità e adesso che sta per finire mi rendo conto che non ho più voglia di riprendere a lavorare. Il mio meraviglioso bambino c’entra solo in parte. Ho sofferto per mesi l’alienazione di una neo mamma chiusa in casa sola con il bambino, mentre là fuori il papà e le amiche (e i nonni, gli zii, i vicini) affrontano sfide, escono in pausa pranzo, vedono persone. Tutto ciò mi manca, ma non a sufficienza per tornare al lavoro. Ho un buon lavoro, di quelli per cui c’è letteralmente la fila fuori. Ho un tempo indeterminato, un salario decente, alle 17:30 e in agosto si stacca, ma per davvero. Il mio capo non fa commenti sessisti, le mie colleghe non mi sparlano alle spalle. Un piccolo mondo felice. In cui non voglio comunque tornare. Forse per me lavorare non è più un bisogno identitario. Se non avessimo bisogno di un secondo stipendio e se generazioni di femministe non avessero instillato in me il terrore del dipendere da un uomo, sinceramente penso che mollerei o chiederei un part time… Sono arrabbiata perché devo passare 8 ore su 24 a fare qualcosa in cui non credo, e per farlo non vedrò i primi passi di mio figlio”.

Ci sono tante donne che, come Caterina, si trovano in bilico tra vecchi e nuovi modelli di famiglia ed è proprio a loro che devono parlare i democratici, con soluzioni concrete e non ideologiche. 
Se lasciamo che le destre continuino ad avere il monopolio sul tema della famiglia, senza proporre un modello alternativo ma credibile, in cui tutti possano riconoscersi... beh, credo Trump e i suoi resteranno al potere per molto tempo.




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